I 70 anni dalla “prima” italiana di “Vacanze Romane”

Esattamente settant’anni fa, il 20 agosto del 1953, al Festival cinematografico di Venezia viene proiettato in anteprima “Vacanze Romane”, il film che ha reso immortale la Vespa sul grande schermo. Una pellicola che ancora oggi, a tanti anni di distanza, rimane nell’immaginario collettivo come una favola delicata e semplice, quella di una principessa un po’ annoiata che decide di vivere il suo quarto d’ora di libertà e di anarchia concedendosi una scappatella fuori programma per evadere dai noiosi obblighi istituzionali. 118 minuti che offrono allo spettatore un vasto campionario di sentimenti e di situazioni (la scena alla Bocca della Verità, il taglio dei capelli, sino alla scena finale del silenzioso addio tra i due protagonisti) ma soprattutto – per quanto riguarda noi, amanti di Vespa fino al midollo – quella manciata di secondi in cui Anna si impadronisce di una Vespa in mezzo alla strada seminando il panico tra vie e piazze, mercatini e mezzi pubblici. 

Un film che all’uscita viene catalogato da una parte della critica italiana come una “novelluccia” proposta da un regista, William Wyler, “evidentemente più che mai in vacanza” (e in effetti Wyler in vacanza a Roma lo era davvero in quel periodo) che ripropone, modernizzandola, la storia del giovane povero ma simpatico che conquista il cuore di un’appartenente a una classe sociale di molto superiore. 

In tutta ovvietà, trattandosi di un prodotto cinematografico, il film punta al successo del botteghino, come si diceva a quel tempo, ovvero al tutto esaurito nelle sale di prima, seconda e terza visione (sì, perché all’epoca funzionava così), e questo obbiettivo lo raggiunge in pieno con il corollario di tre premi Oscar (Audrey Hepburn come miglior attrice protagonista, miglior soggetto e migliori costumi). Ma come tutti i piccoli capolavori, perché questo è “Vacanze Romane”, anch’esso è stato capace di perpetuarsi negli anni come un punto di riferimento indispensabile per tratteggiare un momento storico.

“Vacanze Romane” anticipa di qualche anno la “Dolce Vita” felliniana a cominciare dall’introduzione del “paparazzo”, il fotografo sempre a caccia della foto vincente e disegnando una Roma non ancora divenuta meta turistica internazionale e quindi ancora trasudante della sua sincerità popolare e popolana, in cui la vita – nonostante tutte le difficoltà – era ancora dolce da vivere. “Siamo in debito con Vacanze Romane”, scrive in occasione dei cinquant’anni del film Renato Nicolini, inventore dell’Estate Romana negli anni Ottanta “per quella Roma magnifica che Gregory Peck attraversa in Vespa pensando ad una delicata principessa con i capelli corti. Una città in cui essere nessuno era un vanto, un traguardo, anche per lui, un uomo qualunque”.

Quella Vespa impazzita che Anna e Joe tentano di domare, ammettiamolo, non ci stanchiamo mai di guardarla anche se l’abbiamo già vista mille volte. Che magia.

Condividi sul tuo social preferito