Piccola storia della Vespa 400, la “sorellina” a quattro ruote

Si chiama “Ateliers de Construction de Motocycles et Accessories”, officina di costruzione di motocicli e accessori e inizia ufficialmente la propria avventura il 25 novembre del 1950. Un anno abbondante dopo la Hoffmann-Werke, un’altra azienda al di fuori del territorio italiano comincia l’attività di produzione di veicoli targati Piaggio. La sede sociale è situata a Parigi, al numero 5 di rue de Tilsitt, che si trova nella zona nordoccidentale della città ed è una delle due strade che formano un cerchio attorno a Place de l’Étoile (ribattezzata piazza Charles de Gaulle nel 1970), così denominata a ricordo dei trattati del 1807 tra Napoleone, lo zar Alessandro I di Russia e il re di Prussia, che pongono fine alla guerra contro la Francia. La sistemazione provvisoria, quella nella quale si trasferisce l’ing. Carlo Carbonero, inviato direttamente da Enrico Piaggio per sovraintendere all’operazione in tutti i suoi aspetti produttivi, è in rue de Lübeck, a poche centinaia di metri da quella che sarà la sede definitiva.

Il Presidente e Direttore generale della società è un principe francese, Marc de Beauvau Craon, che entrerà anche nel Vespa Club d’Europe come membro onorario: l’A.C.M.A. è, come la Hoffmann-Werke in Germania, licenziataria per la produzione dei veicoli Piaggio destinati al mercato francese e delle colonie. 

Per lo stabilimento è stata individuata una fabbrica situata nel dipartimento della Nièvre, regione Bourgogne (oggi divenuta Bourgogne-Franche-Comté) nel centro geografico della Francia: la cittadina che la ospita si chiama Fourchambault, e dista pochi chilometri da Nevers, il capoluogo del dipartimento. Si tratta di una località dalla giovane età: è infatti nata nel 1821 con l’installazione di un’officina metallurgica fondata dai fratelli Boigues e da Jean-Georges Dufaud, attorno alla quale sorge un nucleo abitativo che rapidamente si trasforma in un paesotto, il quale assume la dignità di comune a sé nel 1855. In quell’anno, Fourchambault è uno dei più importanti siti siderurgici del Paese, fondamentale nella produzione di armamenti, ponti, viadotti e ferrovie: sono quattromila gli operai che ogni giorno “sfornano” sei tonnellate di ferro, che andranno anche a costituire parte della Torre Eiffel.

La fabbrica ha una superficie di 40.000 mq, di cui 25.000 coperti, ed è la vecchia officina della S.N.C.A.C. (Société nationale des constructions aéronautiques du Centre), un’azienda che nasce nel 1936 dalla nazionalizzazione di due imprese del settore aeronautico e dal loro accorpamento per volontà del Fronte Popolare, il governo socialista che amministra il Paese dal 1936 al 1938. Dopo la guerra, la sua attività è ritenuta insufficiente ed essa viene assorbita dalla S.N.C.A.C., identica società del nord della Francia dalle più ampie dimensioni. 

Enrico Piaggio, che nel mondo dell’aeronautica militare ha un bel po’ di trascorsi e conoscenze, non si lascia sfuggire l’occasione di aggiudicarsi lo stabilimento, che anche grazie alla sua posizione centrale nell’Esagono può diventare nevralgico per la distribuzione dei prodotti: centri di capitale importanza come Digione, Lione, Clermont-Ferrand, Saint-Étienne sono a distanze relativamente ridotte, e consentono un facile smistamento ferroviario delle merci. La S.N.C.A.C. viene messa in liquidazione, e nell’agosto del 1950 l’affare si avvia verso la conclusione: di lì a poco l’ing. Bruno Bartalucci si trasferisce a Fourchambault con l’incarico di riconvertire i capannoni, praticamente abbandonati a se stessi. Questo lavoro viene svolto durante la stagione invernale tra mille difficoltà, non ultime le condizioni climatiche che non favoriscono l’installazione dei macchinari necessari.

La produzione inizia nel mese di marzo 1951, una volta che l’allestimento delle officine è terminato, anche se già a febbraio una ventina di operai si è messa al lavoro e ha “licenziato” un paio di centinaia di esemplari. Nella località della Borgogna si stabiliscono alcuni dirigenti, tecnici e amministrativi, inviati dall’Italia: assieme a Carbonero e Bartalucci, il responsabile della produzione Enolo Biasci, il ragionier Leopoldo Taccola (poi sostituito dal rag. Luigi Rissone), e alcuni responsabili dei reparti come Salvatore Caccamisi, Pericle Heusch, Raffaello Mazzoncini, Angiolo Boschi, sino all’ing. Giorgio D’Ascanio, figlio di Corradino. Il lavoro all’A.C.M.A. fa gola a molti tra la popolazione locale, e numerosi nuovi dipendenti si trasferiscono in zona e nelle vicinanze. Il loro numero diviene cospicuo, tanto che nel 1953 inizia la costruzione di un villaggio, sullo stile del Villaggio Piaggio di Pontedera, dove accogliere loro e le famiglie. Nel quartiere della Brasserie viene edificato un gruppo di sette alloggi per i dirigenti, poi nella zona chiamata Garchizy si costruisce un piccolo villaggio residenziale con cento abitazioni all’interno di un parco. A pochi passi dallo stabilimento è realizzato un centro sociale con una mensa per il personale e una sala per le feste danzanti, una piccola biblioteca, il tutto messo a disposizione delle maestranze. Viene persino creata una squadra di calcio, il Racing Club Nivernais, che gioca il campionato a livello dilettantistico. 

Tra le altre iniziative assistenziali (una caratteristica dell’azienda Piaggio che viene trasmessa alle aziende della filiera) anche un servizio sociale per l’integrazione del nuovo personale, facilitazioni sanitarie e addirittura la concessione di periodi di vacanza per i figli dei dipendenti nelle colonie liguri di Santo Stefano d’Aveto, con la società che si fa carico del viaggio, delle vaccinazioni obbligatorie e delle visite mediche. La comunità italiana non supera mai la quarantina di persone tra dirigenti, tecnici e operai, che via via si fanno raggiungere dalle rispettive famiglie per un totale di circa centoventi individui. 

L’organizzazione interna alla fabbrica segue quasi in fotocopia quella adottata nello stabilimento di Pontedera, pur differenziandosi per aspetti legati alle dimensioni della produzione, come ad esempio gli orari di lavoro, su unico turno anziché su tre. Gli operai iniziano il lunedì mattina alle 7,30 con una giornata di nove ore, mentre il sabato ci si ferma alle 12. La disciplina è rigorosissima, ritardo o “distrazione” dal lavoro sono sanzionati con una multa e in caso di recidiva con una sospensione. Ogni lavoratore è identificato con una spilletta di colore diverso a seconda del reparto nel quale presta la propria opera.  

I numeri di produzione dell’A.C.M.A. sono sin da subito imponenti: 8.940 veicoli nel 1951, poi a seguire 28.280, 40.800, 48.100, 57.591,59.775 (55.313+4.462 tra 125cc e 150cc), 44.227 (38.311+5.916) sino al 1957. Il 2 giugno del 1954 si festeggia la Vespa numero 100.000, che viene data in premio dopo un sorteggio.

Nel periodo iniziale dell’attività produttiva i veicoli vengono semplicemente assemblati con i pezzi importati dall’Italia, ma nel frattempo si provvede a installare i macchinari necessari per la produzione autonoma, con presse per stampaggio delle lamiere, reparto verniciatura e reparto collaudo. Alla fine dell’anno sono seicento le persone impiegate complessivamente, con l’allestimento di settanta veicoli al giorno, che l’anno seguente aumenta a duecento unità quotidiane. Il collaudo viene prima compiuto internamente allo stabilimento, quindi si passa a quello su una pista interna appositamente costruita. È durante questi collaudi che nasce quasi per gioco l’utilizzo della Vespa in versione acrobatica: i collaudatori, oltre che dedicarsi alle normali manovre per testare manopola del gas, frizione, cambio, freni, sospensioni eccetera, prendono a sfidarsi in acrobazie temerarie sia in singolo che in coppia.

Quando si svolge il Salone del Ciclo e Motociclo di Parigi, la stampa specializzata e no viene invitata a visitare gli stabilimenti, che già hanno in funzione praticamente tutte le nuove macchine per la lavorazione. I commenti sono lusinghieri, e fanno sì che la popolarità di Vespa aumenti di mese in mese. La cifra di vespisti attivi nella zona cresce imperiosamente: nel 1952 nasce addirittura il Vespa Club Nevers per iniziativa degli appassionati Durand, Senechal e Menouard. Il 1957 è l’anno in cui prende il via la produzione della Vespa 400, la vetturetta progettata già da tempo che non può trovare spazio in Italia per una lunga serie di motivazioni. Per questo è necessario organizzare nuovi spazi per una seconda officina indipendente, che vengono realizzati in una zona di Garchizy. Per la Vespa 400 giunge da Pontedera l’ing. Doveri, il quale deve mettere a punto il ciclo produttivo. La vetturetta viene presentata il 26 settembre del 1957 a Pré-Catelan con la presenza di personaggi internazionali come ad esempio il campione del mondo di Formula 1, l’argentino Juan Manuel Fangio, che già aveva visitato gli stabilimenti di Pontedera qualche tempo prima, e il pilota francese Jean Behra.

Il 1958 è l’anno in cui l’A.C.M.A. raggiunge il punto di massima espansione con 2.814 persone impiegate nel complesso. Ma proprio nel 1958 inizia un calo notevole: 21.176 mezzi da un anno all’altro rappresentano la metà esatta della gestione precedente (17.471+3.705); nel ’59 si passa a 21.347 (15.664+5.683), quindi a 24.350 (13.051+11.299) per chiudere, nel 1961, con 13.600, per un totale di 368.086.  Questa produzione è suddivisa in Vespa 125, 150 GL e 150 2%, oltre a Vespa 400 e Vespa T.A.P. per le forze armate francesi. Nel corso di questi anni la situazione diviene difficile: nel luglio del 1958 vengono licenziati mille tra operai e impiegati e la produzione viene bloccata a causa del repentino abbassamento dei volumi di vendita: sono oltre ventimila gli esemplari fermi nei magazzini in attesa di acquirente. Rimane in piedi solamente la lavorazione della Vespa 400, che riesce a garantire flussi di cassa di un discreto livello. Poco prima del Natale del 1960, un’altra tegola si abbatte sulla forza lavoro dell’A.C.M.A.: su 1.200 persone in quel momento sotto contratto, l’azienda decide di liquidarne 250 alla fine dell’anno, scatenando una poderosa reazione dei sindacati dei lavoratori che però non ottengono risultati. A novembre del 1961 gli effettivi sono 560, dei quali solamente duecento sono destinati a rimanere in fabbrica fino al termine del mese successivo per poi essere ridotti a cento. Per gran parte del 1962 la società continua la vendita di Vespa tramite i propri punti, ma si tratta soprattutto di esemplari importati dall’Italia. 

Il 31 dicembre l’A.C.M.A. chiude i battenti, lasciando a Fourchambault il ricordo di tempi meravigliosi e numerosi abitanti di origine italiana. I capannoni, sin dall’inizio dell’anno seguente, vengono presi in carico dalla SIMCA Industries, che più tardi diventerà FIAT France e quindi Iveco, con gran parte della forza lavoro che viene trasferita in blocco alla nuova proprietà.

Nel 1996, in occasione del cinquantenario di Vespa, il comune francese realizza una mostra dal titolo “La Vespa – 10 anni di storia locale con l’ACMA”. Cinque anni più tardi, nel 2001, proprio a Fourchambault si tiene l’Eurovespa per celebrare i cinquant’anni dalla messa in opera dello stabilimento, che tanto ha caratterizzato la vita della cittadina, segnandone un’esperienza unica e irripetibile nonostante sia durata solamente dodici anni.

 

 

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