I 75 anni dello “Sciame d’Argento”: inizia la storia del Vespismo – Milano, 9 maggio 1948

Lo “Sciame d’Argento” è la prima apoteosi del concetto turistico applicato a Vespa su scala interregionale, per non dire nazionale. Nel 1948, a tre anni dalla fine della guerra, le strade della penisola sono ancora in piena emergenza: si è provveduto, almeno per le più importanti vie di comunicazione all’interno delle città e soprattutto in vicinanze delle metropoli, a lavori di rifacimento e sistemazione, ma non appena si esce dal centro ci si ritrova sotto i piedi una situazione a dir poco disastrosa. Occorreranno anni affinché le carreggiate possano ritrovare un aspetto non diciamo dignitoso, ma per lo meno praticabile senza troppi rischi.

A Milano, il 9 maggio del 1948, dunque, si celebra il primo appuntamento nel segno della Vespa. La quale, non dimentichiamolo, ha appena compiuto due anni di vita e non è ancora entrata nel cuore e negli occhi dell’Italia intera, quella della grande massa. La data non è scelta a caso: dal 29 aprile al 16 maggio si tiene infatti la Fiera Campionaria di Milano, un evento cui Renato Tassinari è particolarmente legato da quasi tre decenni (dal 1920 è stato uno degli organizzatori del padiglione motoristico). Al padiglione 31 è presente il settore motoristico: al centro del palazzo dello sport campeggia una grande insegna luminosa “Lambretta”, con parecchi veicoli esposti; c’è poi la grande esposizione della parte riservata a Piaggio, che già nel 1947 aveva un proprio stand, con a fianco Gilera.

Questa è una cronaca di quella giornata, riproposta integralmente per far rivivere a tanti anni di distanza lo spirito di chi ne è stato testimone: “È stato un successo trionfale, anche se il maltempo si è messo contro gli intrepidi radunisti, anche se per taluni l’impresa sembrava irta di difficoltà, anche se contro la passione e la volontà si ergevano ostacoli duri da superare. Ed è stato bene tentare l’avventura, per far crollare le ultime resistenze, per arrivare a questa grande dimostrazione collettiva, a questa solenne dimostrazione di massa, i cui risultati proclamano più di ogni discorso che lo scooter Vespa è un veicolo pratico, adatto ad ogni categoria e ceto di persone e valido tanto per il piccolo cabotaggio quanto per il turismo di lungo corso.

Son venuti in gruppo a Milano i vespisti dalla lontana Catania, da Trieste, da Trento, da ogni contrada del nostro Paese, e di alcuni Paesi stranieri, per monti e per valli, attraverso le pianure non già desolate ma grondanti d’acqua e nulla e nessuno ha fermato questi intrepidi viandanti sul più moderno, comodo e docile veicolo motorizzato su due ruote.

Son venuti dal nord e dal sud verso la “Città dei Traffici” dove in cospetto di migliaia e migliaia di cittadini, davanti a una moltitudine sorpresa e lusingata, hanno sfilato compatti per qualche ora, sotto la pioggia incessante, quasi ignari di aver dato il crisma della celebrità ad un ordigno meccanico che i più guardavano come un passatempo e invece si è dimostrato uno dei più pratici e utili veicoli moderni.

A mezzogiorno il corteo, preceduto da una pattuglia di vigili urbani in motocicletta, si mette in modo, tra il brusio di mille motori e nubi azzurrognole prodotte dal gas di scarico. Lo “sciame d’argento” è in marcia e la folla si assiepa ai lati del Corso Venezia per assistere alla originale e numerosa sfilata. 

Dappertutto la folla si stringe per veder meglio e a San Babila, in Piazza del Duomo gremitissima, in Via Dante, migliaia e migliaia di persone accolgono con applausi il gruppo dei valorosi vespisti. 

In Corso Sempione il corteo dei vespisti può finalmente camminare più spedito, ma nella traversata della Fiera, dove la folla si accalca ai lati, la marcia è lenta. Abbiamo seguito il corteo durante la traversata dei Bastioni Venezia alla Fiera, e abbiamo notato il compiacimento e la simpatia con la quale il pubblico ha osservato l’inusitato spettacolo. Più di un’ora ha impiegato il corteo per sfilare tra gli applausi e l’incoraggiamento della folla.”

Ovviamente l’organizzazione e la partecipazione al viaggio sono demandate, come naturale che sia, agli agenti Piaggio delle varie province. Questi scelgono i conduttori più maturi e responsabili, inviando inoltre nelle rispettive comitive un meccanico che sia in grado di affrontare, con adeguata attrezzatura e identica capacità, gli eventuali problemi tecnici che si dovessero manifestare. 

Le regole fissate da Renato Tassinari in persona, che si qualifica già in fase di presentazione come “Direttore del raduno” sono rigidissime e non permettono a chicchessia di derogare. Le parole d’ordine sono “prudenza”, “disciplina”, “ordine”: tutto lo svolgimento della manifestazione deve obbligatoriamente dare l’impressione che il vespista è innanzitutto un guidatore modello, totalmente rispettoso delle norme che disciplinano la circolazione stradale e pure dei propri simili, siano essi in quel momento motorizzati oppure a piedi. Questo aspetto, che si potrebbe dare per scontato, è in realtà il vero fulcro per l’affermazione del movimento vespistico. Sono anni in cui la motorizzazione leggera sta prendendo piede, non solamente con Vespa ma con numerosissimi altri mezzi a due ruote, che spesso finiscono in mani incapaci di governarli. Ogni giorno, su qualsiasi quotidiano locale, è facilissimo imbattersi in brevi di cronaca nelle quali si racconta di spericolati ventenni che mettono sotto una nonnetta con la borsa della spesa, di operai che durante il tragitto verso il posto di lavoro affrontano una curva a velocità troppo elevata e si schiantano contro i tavolini all’aperto di un bar o addirittura entrano in una salumeria sfondandone la vetrata.

Per molta parte dell’opinione pubblica, un motociclista è innanzitutto un potenziale criminale, e come tale va combattuto. Sono centinaia gli articoli pubblicati sulle riviste, così come altrettante e anche di più le lettere presenti nella apposita rubrica dei quotidiani, in cui ci si lamenta del pericolo nell’attraversare la strada mentre si accompagnano i figli a scuola. 

Quindi Tassinari “ordina”, pur se con atteggiamento quasi paterno nelle raccomandazioni che invia ai potenziali partecipanti nel mese precedente, la massima responsabilità a tutti coloro che hanno intenzione di esserci, ricordando innanzitutto che si tratta di una “marcia” e non di una corsa di velocità. E qui esce vivissimo il ricordo del Renato Tassinari che negli anni Venti prendeva parte con grande soddisfazione ai raid internazionali verso Belgio, Ungheria e Spagna e, al ritorno, decantava la magnificenza e la bellezza di questo genere di esperienze.

Le norme – diciamo così – “tecniche” di partecipazione sono ugualmente stringenti. Gli iscritti vengono suddivisi preventivamente in due categorie: quelli di Milano e provincia da una parte, quelli che provengono dal resto d’Italia dall’altra. I primi (sarebbe troppo comodo…) vengono chiamati all’adunata al posto di controllo situato ai Bastioni di Porta Venezia tra le 6,30 e le 7,30 del mattino. Da qui debbono poi dirigersi verso una delle destinazioni (Varese, Como oppure Bergamo) indicate dall’organizzazione per compiere un “atto di giustizia” nei confronti dei forestieri (da notare come la scelta tra queste tre possibilità viene fatta con un sorteggio), per poi tornare a Milano. In questa maniera si equipara, nei limiti del possibile, il chilometraggio tra ospiti e ospitanti. Chi proviene invece da fuori Milano ha nelle mani una tabella di marcia da far vidimare in uno dei punti facilmente individuabili per garantire l’effettivo viaggio compiuto in Vespa e far sì che non ci siano furbetti.

I radunisti estranei alla provincia di Milano hanno a disposizione alcune località come punto iniziale di validazione del viaggio: Sondrio, Vercelli, Voghera, Brescia, Parma e Arona; successivamente, debbono far timbrare un altro spazio vuoto nella tesserina in una delle città del cosiddetto “visto passare”: Como, Varese, Novara, Pavia, Bergamo, Lodi e Gallarate. Ultimo aspetto: la tabella di marcia deve essere vidimata ogni cinquanta chilometri per i primi trecento di viaggio, mentre per quelli provenienti da più lontano la distanza tra un timbro e l’altro è fissata in 150.

All’arrivo ai Bastioni di Porta Venezia la tabella di marcia dovrà essere consegnata ai Commissari, i quali assegneranno al partecipante un adesivo di forma circolare e bordato di azzurro, recante un numero identificativo della macchina (è ovviamente previsto un parcheggio, e con quasi mille Vespa sarebbe difficile ritrovare la propria senza una “targa” personalizzata per l’occasione, visto che quelle che conosciamo oggi ancora non esistono).

Nell’interno della tesserina sono presenti anche i buoni per i “gadget” (un distintivo ricordo e un guidoncino Pirelli), l’ingresso alla Fiera di Milano e la colazione da consumarsi all’interno dell’apposito padiglione. In più, essa vale come biglietto per l’estrazione dei premi in palio nella immancabile lotteria. Ultimo particolare, una dettagliatissima cartina con i percorsi da seguire per mantenere l’ordine ed evitare di ingenerare qualsiasi tipo di confusione.

Lo “Sciame d’Argento”, dunque, segna il momento iniziale dello sviluppo di un modo di intendere il motociclismo in funzione turistica ma a livello collettivo: è l’idea che il futuro Presidente del Vespa Club d’Italia cova in cuor suo da tanti anni e che ora, con l’apparizione di Vespa, una vera e propria “motocicletta per il popolo”, ha la possibilità di concretare nei modi più congeniali.

(estratto da “Vespismo Italiano”, vol. 6 fasc. 1)

Condividi sul tuo social preferito