1951-52, anni di svolta: nascono la “1000 km” e il giornale “Vespa Club d’Italia”

Tra piazza San Silvestro e via del Corso, nella capitale d’Italia, si trova un palazzo costruito in stile “eclettico”, ovvero risultante dalla sapiente mescolanza di diversi stili di architettura. Ha nome Palazzo Marignoli, essendo stato edificato su commissione del marchese Filippo Marignoli, prima deputato e poi senatore del Regno d’Italia verso la fine del XIX secolo. È in un ampio salone di questo prestigioso stabile che ha luogo il terzo Congresso Nazionale del Vespa Club d’Italia l’8 e 9 dicembre del 1951. 

L’anno che va a chiudersi ha portato al movimento un eccezionale impulso grazie alla “Giornata della Vespa” e all’Audax dei Mille Chilometri, due manifestazioni organizzate in prima persona dal VCI, che sono andate ad aggiungersi alle numerose iniziative a livello locale a cominciare dalla ormai tradizionale “Befana del Vigile” del 6 gennaio. A Roma si verifica una nettissima svolta, almeno per quanto riguarda il 1952: viene infatti deciso che la “Mille” sarà l’unica volta in cui il centro dell’associazione si sostituirà alla periferia. In pratica, il Vespa Club d’Italia lascia mano libera ai sodalizi locali nell’ideazione e nell’organizzazione degli avvenimenti, tutti a carattere cittadino, provinciale o regionale, con la sola “Mille” a monopolizzare l’attenzione sul piano nazionale. 

Il “Trofeo del Turismo” va a premiare il Vespa Club Torino, eccezionale propagatore dell’idea vespistica, che con le sue centinaia di soci è in grado di essere presente praticamente ogni mese in almeno due o tre manifestazioni di carattere nazionale e soprattutto internazionale: le cifre parlano di 242.000 chilometri percorsi complessivamente, muovendo circa 4.000 macchine e oltre 5.000 persone tra conducenti e passaggeri.

Sotto il profilo sportivo, il Vespa Club d’Italia può celebrare la conquista del titolo nazionale di regolarità motociclistica per squadre sociali, riservato ai club. Il 1951 è l’anno in cui l’azienda Piaggio decide di fare davvero sul serio nel panorama agonistico italiano e mondiale, puntando con vigore alla vittoria nel campionato della F.M.I. e alla conseguente partecipazione alla “Sei Giorni Internazionale”, che in quell’anno sarà a carico della nostra Federazione Motociclistica. L’obbiettivo viene pienamente raggiunto: naturalmente la squadra è totalmente curata da Piaggio con i propri tecnici e piloti, e sia la formazione che corre per il campionato delle industrie che quella sotto la bandiera dell’Associazione si aggiudicano i rispettivi trofei.

I componenti di questa nutritissima pattuglia, composta dai collaudatori-piloti interni allo stabilimento (Natale Biasci, Giuseppe Cau, Argo Fassorra, Ivo Granchi, Dino Mazzoncini, Ferdinando Nesti, Alberto Vivaldi) sono affiancati da piloti professionisti di grande spessore ed esperienza come Pierino Opessi, Bruno Romano, Carlo Merlo, Miro Riva, Otello Spadoni. Assieme a loro, sino all’anno prima, c’era pure il giovane Gastone Castellini, che allo Scudo del Sud del 1950 ha lasciato la vita sotto a un camion nel tentativo di riguadagnare il tempo perduto a causa di un banalissimo errore di percorso. Un ragazzo che, a detta di tutti, avrebbe fatto carriera.

Dieci tra i conduttori appena citati verranno scelti per costituire lo squadrone chiamato a raccogliere i frutti dell’investimento dell’azienda nel settembre successivo, quando andrà in scena l’”International Six Days Trial”, la manifestazione motociclistica più importante del mondo che si disputa al di fuori dei circuiti.

Nove di loro (Cau, Granchi, Mazzoncini, Nesti, Vivaldi, Merlo, Opessi, Riva e Romano) sui dieci a prendere il via conquisteranno la medaglia d’oro individuale, una delle squadre Piaggio vincerà quella per compagini d’industria: sarà il più grande successo di una marca italiana fino al 1963, quando Guzzi riuscirà a fare l’en-plein con dieci vincitori del massimo alloro su altrettanti partecipanti.

Dopo quella straordinaria affermazione, Piaggio deciderà di abbandonare le corse per dedicarsi esclusivamente al rapporto con il Vespa Club d’Italia, ormai divenuto il principale mezzo di propaganda per lo scooter prodotto a Pontedera. La Vespa si è affermata, nel giro di cinque anni, a livello mondiale, venendo esportata in tutti i continenti della Terra e trovando acquirenti in ogni fascia sociale. Acquistare un suo esemplare, ormai la gente lo ha capito bene, significa investire bene il proprio denaro, mettersi in casa un veicolo affidabile, dalla facile manutenzione, gestibile con tranquillità dal punto di vista economico. Le grandi città e i piccoli centri hanno iniziato a riempirsi di quella “piccola vettura a due ruote” (come recita una famosa “réclame”) e del suo cugino Ape, fenomenale strumento a tre ruote per chi lavora movimentando merci.

Quello che si doveva fare lo si è fatto, i bambini camminano da soli, anche se i genitori, come sempre, non possono comunque prendersi nemmeno un minuto di pausa.

Gli anni delle grandi novità. Per il Vespa Club d’Italia il 1952 è un anno fondamentale per il consolidamento della struttura, sia centrale che periferica, dell’organizzazione vespistica. A febbraio, come era stato annunciato, viene pubblicato il primo numero di “Vespa Club d’Italia –
Notiziario dei Vespisti Italiani”, che porta la data del 15 febbraio. È un giornale di quattro pagine, attraverso il quale l’Associazione divulga e promuove le sue varie attività turistiche, sportive e amministrative, fornendo a ogni club la possibilità di far conoscere quanto è stato portato a termine sul piano locale: ai Vespa Club è infatti richiesta la nomina di un addetto stampa, un socio che periodicamente invii alla redazione un resoconto testuale ed eventualmente per immagini su gite, gimkane, raduni, eccetera. Non tutti i club, logicamente, si doteranno di una figura efficace: rimane il fatto che l’informazione che dalla periferia arriva al centro sarà per anni un asset fondamentale per il successo delle varie iniziative.

Questo foglio rappresenta un eccezionale salto di qualità nella propaganda, che sino a quel momento era unicamente nelle mani della rivista “Piaggio”, più piccola nelle dimensioni, che sta lentamente mutando i propri orientamenti e dirigendosi maggiormente verso il racconto dei successi commerciali di Vespa in giro per il mondo.

Da questo punto di vista, sia l’Azienda Piaggio che il Vespa Club d’Italia sono un passo avanti rispetto alle altre grandi industrie nazionali: tanto per fare un esempio illustre, la Fiat che era stata chiamata in causa da Renato Tassinari inizierà la pubblicazione del proprio “house-organ”, denominato “Illustratofiat” solamente a Natale del 1953. 

La prima uscita del neonato mensile viene in pratica fatta coincidere con la riunione del Consiglio Nazionale che si tiene a Vicenza, in un salone dell’Ente Turistico cittadino, il 23 e 24 febbraio 1952. I sodalizi periferici ammontano, secondo quanto comunicato nell’occasione, a 106: aver superato la soglia “psicologica” di quota cento è un motivo di eccezionale slancio per tutta la dirigenza, che capisce quanto la situazione sia promettente. Alla riunione è presente, oltre a quasi tutti i membri del Consiglio Direttivo, anche l’ing. Vittorio Casini, direttore del Reparto Sperimentale interno a Piaggio (che in una fotografia scattata nell’occasione siede alla destra di Renato Tassinari, tanto per spiegarne il ruolo): nella sua eccezionale figura si riuniscono numerose responsabilità nei rapporti con le varie istituzioni con cui l’azienda deve interfacciarsi; oltre ad essere spesso presente alle riunioni del Vespa Club d’Italia riveste pure la carica di consigliere comunale a Pontedera, un compito che potrà assolvere per non molti mesi a causa del proliferare degli impegni tecnici e organizzativi, ma che testimonia della sua meritoria importanza nell’organigramma.

Per l’anno a venire sono programmati tre eventi di importanza nazionale, uno per il turismo, uno per lo sport e il terzo a metà tra i due. Il primo è il raduno “Sul ponte di Bassano”, una celebrazione patriottica che andrà ad esprimere il sentimento che gli Italiani nutrono nei confronti di Trieste, la città che ancora non è uscita definitivamente, nonostante siano trascorsi sette anni dalla fine della seconda guerra mondiale, dalle secche di un pantano politico che pare non dovrà mai trovare una soluzione. Sul fiume Brenta, i vespisti di ogni città d’Italia si riuniranno per stringersi attorno ai colleghi triestini nel ricordo dei caduti della Grande Guerra 1915-1918, mentre sullo sfondo delle 106 fiamme sociali un alfiere del Vespa Club Trento porgerà a un alfiere del Vespa Club Trieste una fiaccola accesa, con il cui fuoco far ardere la fiaccola ancora spenta dell’amico giuliano.

Una cerimonia di altissimo valore simbolico, che cementa ancor più l’unità tra i vespisti di tutto il Paese.

L’avvenimento sportivo messo in cantiere non può che essere la seconda edizione della “Mille Chilometri” dopo lo straordinario successo di quanto compiuto nel 1951. Viene parzialmente modificato il regolamento, che prevedendo una velocità minima per l’aggiudicazione del Brevetto Audax, aveva di fatto potenzialmente trasformato la prova in una gara di velocità per chi decidesse di uscire dalle norme fissate. Per il 1952 viene infatti prevista una regolare classifica per la prova di regolarità oltre alla normale assegnazione del Brevetto a tutti coloro che riescono a concludere la prova nei termini indicati.

Il terzo evento è una novità assoluta, destinata alle donne in Vespa: il Vespa Club Milano infatti si fa carico dell’organizzazione di un Audax Internazionale Femminile a squadre, messo in calendario per il 1° giugno. Il percorso prevede 270 chilometri di marcia con partenza e arrivo in Milano e un lungo giro attorno al lago di Como giungendo sino a Lugano, dove si deve tenere il pranzo destinato a spezzare la giornata. Questo tracciato sarà tuttavia modificato poche settimane prima dello svolgimento, andando ad escludere il trasferimento in Svizzera e mantenendo tutto il chilometraggio all’interno del territorio nazionale.

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