17-10-1965 / 17-10-2025: 60 anni dalla scomparsa di Enrico Piaggio

Chissà come sarebbe stato il futuro – quello che oggi, per noi abitanti del 2025, si chiama passato – se quel 17 ottobre 1965 le porte girevoli della Storia si fossero per un attimo incastrate, rimandando a data da destinarsi la scomparsa di Enrico Piaggio. Aveva solamente sessant’anni, un’età alla quale – pure a metà del secolo scorso – si ha ancora tanto da dire e da dare, anche se le ruggini qua e là iniziano a far scricchiolare qualcosa. Il “Dottor Piaggio” se ne andò in maniera improvvisa in una notte tra sabato e domenica, ucciso da un collasso cardiaco sopravvenuto poche ore dopo un intervento chirurgico compiuto per fermare un’emorragia retroperitoneale, operazione tecnicamente riuscita ma portatrice di una sgradita sorpresa a breve distanza. Un addio repentino, senza nemmeno lasciare il tempo di rendersi conto di cosa stia succedendo e salutare come si deve: in poche ore tutto finisce, si deve fare punto e a capo ma alla riga successiva non si sa cosa scrivere.

Chissà cosa sarebbe accaduto se Enrico Piaggio fosse rimasto altri dieci o quindici anni lì al proprio posto, nell’ufficio di Genova, continuando a fare avanti e indietro una o due volte la settimana con lo stabilimento di Pontedera, da dove le Vespa e gli Ape partivano per invadere le strade del mondo. Chissà cosa sarebbe stato del Vespa Club d’Italia, una delle sue creature, di cui era primo mecenate e inesauribile sostenitore nonostante non sia quasi mai apparso durante un evento o un Congresso: in sua memoria scrisse Renato Tassinari, l’uomo cui aveva affidato la propaganda aziendale “Portavamo sul suo tavolo le fotografie di tanti avvenimenti, di tanti pittoreschi scenari dove il vespista appariva come il protagonista vittorioso. Nascondeva il suo compiacimento profondo in un rapido “bene, bene” e come se l’osservare quelle foto fosse una distrazione frivola, soggiungeva “e ora lavoriamo sul serio” ed affrontava i suoi più gravi problemi di grande industriale”.

Ecco, a sessant’anni da quel giorno ricordiamolo innanzitutto come un “grande industriale”, sicuramente il meno celebrato – non basta una claudicante fiction in prima serata – tra i giganti che hanno costruito il “Made in Italy” di cui andiamo tanto fieri: il giorno in cui gli riconosceremo fino in fondo quello che ha dato al nostro Paese attraverso quel suo guardare lontano sarà sempre troppo tardi, e quello che faremo per commemorarlo sarà sempre troppo poco.

Per il momento, Dottore, La raggiunga il nostro modesto ma sincero ed eterno ringraziamento.

 

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